Un retrogusto amaro
by Redazione
Posted on Ottobre 21, 2015
Quando era forte e saldo in sella alla sua ridicola bicicletta, ho detto mille volte quanto mi stesse antipatico Marino, con quella faccia da insopportabile secchione. Ma ora che dalla bicicletta sembra essere sceso, lascio gli insulti a chi è specializzato nell’applaudire i potenti perché potenti e fischiare i vinti perché vinti.
Ma questa mia repulsione antropologica per Marino, non mi solleva per nulla dal retrogusto amaro per le motivazioni delle sue dimissioni che per sempre resteranno nella memoria collettiva: gli scontrini taroccati e le false cene istituzionali.
Mi urta moltissimo che uno debba cadere per le motivazioni sbagliate, è come una partita di calcio persa a tavolino, come Al Capone (per carità, nessun altro parallelo), incastrato per evasione fiscale, come un premio Nobel ritirato a nome del vincitore. Proprio non mi piace.
Marino doveva essere defenestrato per insipienza politica e con lui il 97.58 % dei 115 assessori alternatisi a Roma con le sue 15 giunte diverse, insieme a Goffredo Bettini che è l’unico a riuscire di farmi desiderare di essere qualsiasi cosa ma non romano, insieme a Veltroni, che questo biglietto per l’Africa non lo stacca mai, ma in compenso ci ammannisce film e libri il cui valore è inversamente proporzionale all’entusiasmo che ne prova Fabio Fazio, insieme a Rosy Bindi che ha avuto il cagotto di candidarsi a Roma e insieme ai 4/5 del PD di Roma.
Perché, tanto per capirci, Marino cade, ma appresso gli andrà tutto il mio PD.
Credo che sia per questi motivi che, si dice, Renzi voglia rimanere lontano dal PD romano. Ma non perché se ne senta estraneo, credo piuttosto perché lo disprezzi e forse solo per questo mi sa che diventerò renziano.
Voi capite bene quanta rabbia possa fare la storia degli scontrini o delle cene mai fatte? E’ chiaro che lo ha incastrato una segretaria distratta o qualche occhiuto nemico; figuratevi se, tanto per fare un esempio, quelli di Sant’Egidio per fargli sapere cosa vogliono devono andarci a cena, quando gli basta invitarlo a New York per il festival della famiglia conservatrice, dicendo poi che non si ricordano e comunque non gli sembra di averlo invitato…
Fabrizio Molina
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