Rientri in carcere – italiani e stranieri
by Redazione
Posted on Luglio 30, 2007
Uno studio recente di tre ricercatori italiani (Francesco Drago, Roberto Galbiati, Pietro Vertova, “The Deterrent Effects of Prison: Evidence from a Natural Experiment”, IZA – luglio 2007) sui “rientri” in carcere dei detenuti che avevano beneficiato della legge sull’indulto (l. 241/06) e sugli effetti della pena carceraria sulla propensione a delinquere fa riflettere su questioni legate alla sicurezza dei cittadini, oggetto purtroppo del sensazionalismo mediatico e talvolta della facile demagogia dei nostri rappresentanti a livello locale e nazionale.
I dati di riferimento sono quelli del Ministero della Giustizia che già dopo sei mesi dal provvedimento di clemenza avevano messo in discussione le paure sull’aumento del tasso di criminalità in seguito alle scarcerazioni, per effetto della legge. Inoltre, sulla nazionalità dei reingressi in carcere le percentuali mostravano una pur lieve tendenza alla recidiva degli italiani rispetto ai cittadini stranieri: il 62,27% contro il 44,73%.
La ricerca intende testare quanto la minaccia di una condanna carceraria tende a ridurre la propensione a delinquere, in quanto l’articolo 3 della legge in vigore dallo scorso anno stabilisce la revoca del beneficio nel caso di commissione di un nuovo reato dopo aver usufruito dell’atto di clemenza.
Il risultato conferma la “teoria della deterrenza generale”: la minaccia di un mese in più di pena carceraria influisce sulla propensione a ricommettere un reato, scoraggiandola; ma d’altra parte il tempo trascorso in carcere influenza notevolmente il comportamento dell’ex detenuto. Più lungo il periodo trascorso in prigione minore è la sensibilità alle sanzioni prospettate.
In questo caso, la pena carceraria non mantiene le sue finalità rieducative: chi rimane in carcere per molto tempo ne rimane assoggettato ed è immune dalla paura di un reingresso, e, quindi, non decresce generalmente la sua propensione a commettere nuovi reati.
Tra i 5.027 detenuti rientrati poco meno di un terzo sono cittadini stranieri, il tasso di recidività quindi prescinde dalla nazionalità. Tra i reati ripetuti sono tra i primi quelli contro la pubblica amministrazione, la personalità dello stato, lo spaccio di stupefacenti, mentre una percentuale inferiore si registra per la violazione della legge sull’immigrazione.
La c.d. recidiva dello straniero è legata soprattutto al suo stato di clandestino, il quale, infatti, si trova in situazioni di marginalità sociale e facile preda delle maglie della criminalità. Il migrante privo del permesso di soggiorno ed oggetto di provvedimento di espulsione talvolta ha trascorso un periodo in un centro di permanenza temporanea, una volta uscito è stato arrestato per non aver ottemperato al provvedimento di espatrio ed è quindi rientrato in carcere per la mancanza di un lavoro regolare. Circoli viziosi in cui il cittadino straniero cade come in trappola da cui è difficile uscirne.
La riforma delle procedure di identificazione e di espulsione previste dalla riforma della normativa sull’immigrazione, la c.d. Amato-Ferrero —prossimamente in discussione nel nostro Parlamento — dovrebbe porre fine, con altri strumenti ed azioni ad hoc, a tale fenomeni ponendo le basi per la sicurezza, la convivenza e la coesione sociale dei cittadini italiani e stranieri.
Dario Porta
(27 luglio 2007)
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