Lo stupro secondo legge
by Redazione
Posted on Aprile 3, 2009
In Afghanistan lo stupro diventa legale.
A febbraio il Parlamento afgano ha approvato, rapidamente e in sordina, una legge che obbliga la moglie ad avere rapporti sessuali con il marito tutte le volte che questi lo desideri – potrebbe rifiutarsi solo in caso di una «ragionevole scusa». Non solo, secondo il testo del controverso provvedimento, le donne non sono autorizzate ad uscire di casa o cercare lavoro senza il consenso di un parente maschio, permesso necessario pesino per farsi visitare dal medico. In caso di separazione, ancora, la custodia e l’educazione dei figli sarà affidata al padre o, in seconda battuta, al nonno.
Le legge è già stata firmata dal presidente Karzai a inizio marzo ed è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale per entrare in vigore.
A 8 anni dalla guerra in Afganistan, si è indiscutibilmente e barbaramente tornati in dietro nel tempo e poco importa se la legge in questione riguardi solo le donne sciite.
Dietro questo atto, sono chiare le logiche politiche e gli intenti elettorali in vista delle prossime elezioni presidenziali del 20 agosto. Probabilmente l’obiettivo è quello di conquistare il voto della comunità sciita che rappresenta il 10% della popolazione afgana e indirettamente di tendere una mano ai talebani.
Ma c’è dell’altro, frutto di una storia che si ripete con gli stessi toni, le stesse dinamiche, gli stessi meccanismi. Ancora una volta le donne, i loro diritti vengono sacrificati, violati, calpestati.
Questa legge, le motivazioni, le conseguenze sono espressione di una cultura che tende a considerare le donne “inferiori”, assoggettate agli uomini e incessantemente umiliate; sono emanazione di una volontà pronta a barattare la loro dignità, in questo caso, per logiche politiche e di potere.
Che sia il velo integrale o la legittimazione di violenze e aggressioni all’interno o fuori le mura di casa, a prevalere è una tradizione, una mentalità patriarcale e conservatrice – a volte passivamente accettata, se non condivisa, dalle stesse donne – volta a negare e a svuotare di significato e di valore l’esistenza di bambine, ragazze, donne; avvenga questo per ideologie retrograde o per puri interessi politici non cambia, la logica a cui si risponde è la stessa.
La continua umiliazione della popolazione femminile e il predisporre misure volte al perdurare di una condizione di subalternità rispetto agli uomini sono strumenti di controllo sociale, in particolare quando si è minacciati dalle novità in ambito familiare e nella sfera della sessualità.
È la reazione di una cultura che teme l’emancipazione femminile, quale veicolo di progresso e democrazia.
Maria Carla Intrivici
3 aprile 2009
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