Libia, migrazioni e diritti umani: la richiesta della società civile al presidente Draghi
La rete GREI250 sta lavorando su di un appello da rivolgere al Governo italiano: sottoscritto da molte associazioni della società civile, si propone di richiamare l’Italia al dovere di mettere in primo piano i diritti umani, sistematicamente violati in Libia.
La lettera, diretta al presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Draghi, farebbe il punto sulla drammatica situazione libica, dal punto di vista delle violenze contro migranti e richiedenti protezione, compresi i respingimenti delegati alla Guardia Costiera di quel Paese.
Ne parla qui Giuseppe Casucci, dirigente di Nessun Luogo è Lontano e responsabile del Dipartimento Politiche Migratorie della UIL
La rete Grei-250 (composta da centinaia di associazioni, intellettuali ed esperti impegnati in materia di immigrazione e asilo), intende rispondere alle dichiarazioni fatte da Mario Draghi in occasione del suo recente viaggio in Libia, richiamando il presidente del Consiglio alla necessità di mettere la salvaguardia dei diritti umani fondamentali (violati sistematicamente in Libia) al primo posto; davanti comunque alla realpolitik dei necessari equilibri geopolitici nel Mediterraneo. Molte associazioni stanno lavorando al testo di questa lettera di cui qui esponiamo una traccia di massima.
Il riferimento è alla conferenza stampa tenuta da Draghi e dal ministro libico Abdul Hamid Dabaiba lo scorso 6 aprile, nella quale Draghi ha dichiarato: «Sul piano della immigrazione noi esprimiamo soddisfazione per quello che la Libia fa nei salvataggi e, nello stesso tempo, aiutiamo e assistiamo la Libia». Affermazioni che contrastano in maniera eclatante con la realtà “terrificante” denunciata, tra tanti altri, dal Segretario generale dell’Onu nel suo rapporto al Consiglio di Sicurezza del 2 settembre 2020.
Su questa base, GREI 250 fa presente che:
• dalla firma del memorandum di intesa del 2017, l’Italia ha già finanziato la “guardia costiera” libica con oltre 20 milioni di euro, di cui 10 approvati nel 2020, senza che ci sia stato alcun monitoraggio da parte dell’Italia rispetto ai fondi dati a Tripoli;
• secondo diverse inchieste, molti di questi finanziamenti sono finiti in mano a trafficanti e milizie, poiché la “guardia costiera”, in realtà composta principalmente da ex militari e trafficanti, ha come compito specifico di intercettare i migranti nel Mediterraneo e riportarli in un paese che, come sottolinea il Segretario generale Onu, non può essere considerato un “place of safety”. I migranti e i rifugiati rintracciati in seguito a operazioni di intercettazione o salvataggio in mare, nella quasi totalità vengono condotti dalla Guardia costiera libica in appositi centri di detenzione dove la privazione della libertà personale non ha limiti temporali e le condizioni di detenzione sono inaccettabili per i crimini contro l’umanità che vi avvengono e che sono stati portati all’attenzione della Corte Penale Internazionale;
• solo pochi giorni fa l’inviato Onu a Tripoli, Jan Kubiš, ha riferito al Consiglio di sicurezza che «attualmente circa 3.858 migranti sono detenuti in centri di detenzione ufficiali in condizioni estreme, senza un giusto processo». Un numero ben maggiore di migranti è stato rinchiuso in centri di detenzione “informali”, gestiti da milizie e bande;
• si contano oltre 20mila persone intercettate e riportate indietro tra 2019 e 2020 dalla cosiddetta guardia costiera libica. Il numero stimato da OIM di persone riportati dal mare in Libia dalla “guardia costiera” nei primi 3 mesi del 2021 è di circa 5000.
• con i corridoi umanitari sono arrivate complessivamente in Italia 2.765 persone in 5 anni (2016-20), ma NESSUNA di queste direttamente dalla Libia perché ancora non esiste un protocollo operativo che lo consenta. Dalla Libia tramite canali legali sono arrivate, da dicembre 2017 a gennaio 2020, 808 persone con le evacuazioni umanitarie (programma che è stato coordinato dall’UNHCR sul campo e dall’ufficio di Gabinetto del Ministro dell’Interno) e 66 persone selezionate tramite il programma nazionale di reinsediamento;
• il numero dei morti nel Mar Mediterraneo da gennaio al 17 dicembre 2020, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per la Migrazione, è stato di 1.096 migranti, ma spesso come è avvenuto recentemente la “guardia costiera” libica non è intervenuta per negligenza o incapacità.
A fronte di questi fatti – secondo GREI250 – la cautela del Governo italiano, sia pure intenzionata a favorire un dialogo costruttivo tra i due paesi, «rischia di apparire una legittimazione di quanto avviene, sia agli occhi dell’Italia, che degli stessi autori di tali scelleratezze che possono immaginare di poter continuare impuniti nel loro agire criminale».
Per evitare tale effetto, gli autori di una possibile prossima lettera a Draghi chiedono di trovare modo di riaffermare con chiarezza l’irrinunciabilità della salvaguardia dei diritti umani a fianco alla questione geopolitica che la migrazione implica, come precondizione INDEROGABILE per ogni politica di leale collaborazione tra i due paesi, e, in particolare, per la collaborazione dell’Italia con la guardia costiera libica e l’erogazione del rispettivo finanziamento.
In conclusione, si richiederebbe al Governo italiano di aderire all’appello del Segretario Generale ONU di pochi mesi fa di «chiudere tutti i centri di detenzione in Libia, in coordinamento con le entità delle Nazioni Unite». Il rinnovato ruolo dell’Italia di protagonista nei rapporti internazionali con la Libia e con il nuovo Governo libico dovrebbe – secondo GREI250 – dare speranza di superare finalmente la politica di spaventose violazioni dei diritti elementari in Libia che da tanti anni ha allarmato l’opinione pubblica mondiale.
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