Il gregge e il pastore
by Redazione
Posted on Gennaio 20, 2015
“Chi sono io per giudicare?” “Se uno parla male di mia madre, deve aspettarsi un pugno”. E ancora: “Non fate figli come conigli”. Quando all’indomani dell’elezione, papa Francesco aveva detto che il pastore deve odorare del suo stesso gregge, devono averlo preso sotto gamba. Non credo cioè che si sia capito quanto Francesco fosse capace di capire il Vangelo senza interpretarlo, di viverlo senza mediarlo, di essere sempre in ascolto del cuore dell’uomo. Non devono aver ben compreso come il suo stigma gesuita, utilissimo per spaccare il capello in quattro e prendersi la ragione pur avendo torto, a lui abbia invece insegnato l’orrore per i sofismi e per la teologia della sofisticazione.
Ora mi aspetto due reazioni: il consueto ingarbugliato articolo di Vittorio Messori che, appena passato l’attacco di panico misto ad agorafobia che gli danno sempre le uscite del Papa, ci spiegherà che Francesco è una cosa e la Chiesa un’altra. A parte Messori, c’è del vero, verrebbe da dire.
Poi ci saranno un po’ dei quattro radicali di sinistra rimasti in Italia che, rimasti senza radicalismo e senza sinistra, tenteranno di accreditare Francesco come il nuovo paroliere degli IntiIlimani, proveranno a farne un’icona gruppettara, secondo il loro secolare sprezzo del ridicolo.
Poi c’è invece il signor Butturini Giuseppe presidente dell’Associazione delle famiglie numerose padre di nove figli (a cui devono aver installato la televisione da poco), il quale ha senza indugio affermato che il Papa non ce l’aveva con lui. Forse è vero, come è vero ciò che scriverà Messori. Ma le cosa credo che stiano così: Francesco proviene, come dice lui, dalla fine del mondo: è coraggioso, forte, ispirato dal Vangelo. E’ curioso e attento a tutto ciò che riguarda il suo gregge. Ma non deve avere ancora presente tutti i pirla che ci sono nella casa del Padre.
Fabrizio Molina
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