Dialogo e Realpolitik
by Redazione
Posted on Aprile 2, 2009
A prima vista appare come un pesce d’aprile di cattivo gusto. Poi il fatto viene confermato e il sorriso di circostanza viene sostituito dai brividi. Hamid Karzai e le sue scarpe da 300 dollari, governano l’Afghanistan per volere degli USA e di tutto il mondo occidentale. All’inizio sembrava il meglio che ci fosse per far fuori i talebani, oggi è un signore che attrae risorse nel suo Paese da mezzo mondo. Il suo discorso all’Aja di ieri sembrava quello di un leader occidentale. Ha parlato di aumento della scolarizzazione femminile, crescente parità per le donne, geometrico sviluppo dei diritti umani. Mentre era ancora al microfono – così ci informa il Corriere – ha però cominciato a girare una rassegna stampa con lo scoop messo a segno dal Guardian e dall’Indipendent: Karzai, mentre scriveva con la mano sinistra il suo intervento per l’Aja, con la destra firmava delle cosiddette “istruzioni governative” con le quali si depenalizza lo stupro intrafamiliare nel suo Paese. E siccome qualcuno ritiene eccessiva questa accusa, stiamo alla lettera; nell’atto si dice che “le mogli (sciite) non possono rifiutarsi di avere rapporti sessuali con il marito, né uscire di casa o lavorare senza permesso dell’uomo e che la custodia dei figli è diritto esclusivo del padre”.
Sarebbe interessante ascoltare le argomentazioni che negano che tali disposizioni legalizzino lo stupro. Direi invece che aggiungono anche la violenza privata e aggravata. Oltre alla strage di legalità ad opera dello Stato che non è, questo è vero, un reato, è , infatti,un olocausto di civiltà.
Tutto questo accade come una sorta di coazione a ripetere, perché l’occidente ha già adottato in Iraq la politica dell’appoggio al meno peggio; lo ha fatto con Saddam e come è finita, è storia nota e recente. I paladini del dialogo sostengono che sebbene odiose, si tratta in casi come questo di pratiche e consuetudini di derivazione religiosa, dunque da trattare con attenzione e cautela. Ora, a parte che la derivazione religiosa è semmai una aggravante dell’abominio e non una giustificazione, nel caso di Karzai, questa pia devozione alla legge dei padri nemmeno c’è. Più prosaicamente, il presidente afgano andrà alle elezioni il prossimo agosto e non vuole rinunciare all’appoggio elettorale dell’ayatollah Musseiny, grande elemosiniere della gente afgana, eccellente manovratore di voti e insostituibile amico del clero iraniano. Il tutto, detto per inciso, mentre i talebani si sono rimpossessati di metà e più del Paese. Sarà per questo che Karzai spinge da morire per far cancellare i talebani dall’elenco delle organizzazioni terroristiche?
Realpolitik, come si vede, altro che fede e valori; questo Karzai lo ha imparato bene dall’occidente.
Bisognerebbe allora domandarsi se anche in questi casi valga il totem del dialogo. E mentre dialoghiamo con questa gente, chi sostiene gli sforzi di “ partigiane ribelli” come Orzala Ashraf e Shirin Ebadi, che tentano di lottare per la civiltà del diritto e della libertà?
Fabrizio Molina
2 aprile 2009
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