Consulte e partecipazione
by Redazione
Posted on Aprile 27, 2006
Ieri si è tenuta l’ultima riunione della Consulta per l’Islam con il Ministro Pisanu. Sono stati affrontati molti argomenti tra cui scuola, casa, lavoro, cittadinanza, è stata avanzata anche la richiesta di ottenere dalla Rai uno spazio autogestito di religione e cultura; il tutto in vista dell’elaborazione di una piattaforma da discutere con il nuovo Governo. L’obiettivo – è stato detto – è quello di costruire «un Islam italiano unitario e pluralista, fondato sui valori religiosi e culturali, ma anche sulla piena accettazione degli ordinamenti politici e delle leggi italiane».
La Consulta islamica è il primo organismo che “rappresenta” i musulmani d’Italia. Costituita nel settembre 2005 tra molte polemiche, soprattutto con riferimento alla presenza al suo interno di esponenti dell’Ucoii (Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia), svolge funzioni esclusivamente consultive, esprimendo pareri e formulando proposte sulle questioni indicate dal Ministro.
In quest’ottica e accanto a questo organismo, seppure con modalità e struttura differenti, vi sono altri esempi di strumenti di partecipazione per gli stranieri alla vita pubblica del Paese. Si tratta di organismi creati su base elettiva e con finalità consultive, istituiti presso gli enti locali e composti da un numero di persone rapportate alla consistenza numerica degli stranieri presenti sul terreno locale. Organi che troviamo in diverse realtà territoriali su tutta la penisola.
Occorre vedere favorevolmente tutto quanto tenda a rendere permanente il metodo del dialogo sociale, tuttavia non ci pare improprio porre alcune questioni prima che certi organismi giungano al pieno consolidamento. È indispensabile la massima chiarezza sui sistemi adottati per individuare gli interlocutori istituzionali, la massima consapevolezza circa gli strumenti da questi utilizzati per la selezione della leadership. Bisogna, inoltre, essere pienamente coscienti che il dialogo sociale per il governo dell’immigrazione si fonda su due elementi portanti e imprescindibili: da un lato non sbilanciare il dialogo solo in direzione delle maggioranze (non tutti gli stranieri sono musulmani) e dall’altro avere presente che il dialogo sociale è un mezzo e non un fine che serve a stabilire criteri reali e condivisi in tema di cittadinanza e di rappresentanza, al tema del diritto di voto non si sfugge dunque.
Ma quanto questi organismi rappresentano da soli per gli stranieri un’effettiva opportunità di inclusione e coinvolgimento alla vita pubblica del Paese? Quanto realmente sono una risposta adeguata e consona alle loro esigenze di partecipazione?
L’esperienza ha dimostrato che non sempre è possibile dare risposte positive alle questioni poste. In realtàle esigenze di una reale partecipazione degli stranieri alla vita politica del Paese possono essere soddisfatte soltanto laddove si prevedano degli organi concepiti non come organismi simbolici, spesso luoghi di incontro scarsamente utili, bensì come reali organi consultivi. Soprattutto con riferimento alleConsulte per l’immigrazione, si auspica la creazione di organi a composizione mista, formati non solo da esponenti delle comunità immigrate, ma anche da rappresentanti delle diverse realtà, istituzioni e servizi di cui gli stranieri usufruiscono, oltre che da esponenti dell’associazionismo e del volontariato di settore. È inoltre, indispensabile una definizione più ampia e più articolata possibile delle materie della vita politica oggetto dell’attività consultiva, tenendo conto della specificità delle varie realtà territoriali e di un raccordo con gli operatori a livello istituzionale dei vari settori e con i soggetti sociali che lavorano nel territorio sui temi dell’immigrazione. Da non trascurare è altresì la determinazione di modalità di monitoraggio dell’efficienza e dell’efficacia dell’organismo al fine di evitare la creazione di organi senza uno scopo preciso e, principalmente, inutili sprechi di risorse.
Soltanto attraverso il soddisfacimento di questi criteri e la predisposizione di tali elementi sarà possibile poter parlare di una effettiva e adeguata partecipazione dei cittadini non comunitari ai processi di formazione delle decisioni.
(27 aprile 2006)
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