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Cecile Kyenge se ne va, ma che succede al Ministero per l’Integrazione?

by Redazione

di Beppe Casucci

Dopo essere stata insultata fin dal primo giorno del suo incarico, dai razzisti e poveri di spirito della politica e del web, anche ora che sta per andarsene la Lega non la lascia in pace. “Facciamo una buona azione, salviamo una lavoratrice….salviamo la Kyenge”, dileggia Matteo Salvini lanciando un “hashtag” sul web. E non è l’unico ad insultare il Ministro per l’Integrazione, a dispetto del detto popolare che vorrebbe “ai nemici in fuga ponti d’oro”.

“Che ha fatto per dieci mesi?”, si chiedono molti commentatori un po’ ingenerosamente e qualcuno arriva ad insinuare che la sua fosse una figura di paglia e che a dirigere davvero il Ministero fosse l’ex ministro Livia Turco.

Dimenticano questi signori che il Ministero per l’Integrazione è un dicastero senza portafoglio, senza deleghe, dotato di un numero esiguo di collaboratori e di fatto snobbato (quanto non boicottato) dai numerosi altri ministeri che si dividono le competenze in materia di immigrazione (Interno, Lavoro, Esteri, Istruzione, Sanità, ecc.).

Malgrado i quasi inesistenti mezzi messi a sua disposizione, il primo ministro di origine immigrata ha fatto una battaglia soprattutto culturale, usando i mass – media, con l’obiettivo di obbligare l’Esecutivo ad occuparsi di un problema annoso: l’incapacità di governare i flussi migratori.

Da qui la campagna sulla cittadinanza, sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina, sul superamento dei CIE, sui rifugiati e sull’urgenza di riformare la Bossi–Fini: una legge odiosa che non ha mai funzionato. Senza grandi risultati, certo. Ma questi dovevano venire dal Governo nel suo insieme.

La sua sola presenza al Governo, ha scatenato le ire dei razzisti di tutte le risme: ma le critiche non erano di merito sul suo operato (cosa sempre legittima, se esercitate in forma corretta), ma solo sul fatto di essere africana e di avere la pelle nera.

Ora di cretini in giro ce ne sono molti ed uno potrebbe anche sorvolare sulle colossali idiozie ed attacchi personali della Lega e di altri, se non fosse che molte offese e proclami si configuravano il reato di odio razziale (ci chiediamo, tra l’altro, perché l’Unar non sia intervenuto più incisivamente).

Quello che importa però adesso è sapere come mai nel dibattito politico pubblico non si parla più del Ministero per l’Integrazione. Se ci fate caso, nel toto ministri di tutti i ministeri si parla di tutto e di tutti, tranne che di quello.

Vorremmo ricordare al Primo Ministro incaricato che gli immigrati producono l’11% del PIL, dichiarano al fisco quasi 43,6 miliardi di € e pagano quasi 7 miliardi di Irpef l’anno.

Forse qualche diritto ad un Ministero che si occupa dei loro problemi ce l’hanno.

Visto lo spezzettamento delle competenze tra 10 ministeri e, dunque, una gestione disordinata del fenomeno migratorio, non sarebbe ora di accentrare le competenze in un unico Ministero o almeno creare una cabina di regia capace di mettere ordine nel bailamme migratorio?

Caro Primo Ministro incaricato: non sarebbe meglio fare mente locale?

 


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