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La “Gran Torino” di Gianfranco Fini

by Redazione

Se c’è qualcuno che non l’ha ancora visto, meglio che provveda. “ Gran Torino”, l’ultima fatica democratica del più repubblicano tra gli attori di Hollywood, Clint Eastwood.
Si racconta di un vecchio poliziotto in pensione, vedovo e solo, con un carattere difficile, come chiunque abbia un carattere. Assiste con rabbia crescente alla sua strada che si trasforma: una, due, tre famiglie immigrate fino a restare lui l’unico nativo americano. E’ ormai un forestiero in casa sua. Il dolore per la perdita di una moglie che adorava, dei figli che non sono proprio il massimo, certo anche per colpa sua, lo hanno già inselvatichito; il fatto poi che il pezzo di America che egli vede dalla sua veranda e che per lui è tutta l’America, sia ormai diventata una Torre di Babele, lo fa ruggire di dolore e rabbia infinita.

Accadono nel film fatti grandi e piccoli che cambiano il vecchio, lentamente ed inesorabilmente. La sua morte, ma è inevitabile, è quella del cow boy; muore ammazzato per difendere un ragazzo immigrato, affrontando da solo una orrenda ciurmaglia. Sotto sotto c’è sempre il western, come sarebbe potuto essere altrimenti?

Ma a parte il western, a parte la storia, a parte i motivi di una rivoluzione personale che capita nell’ultima stagione della vita, è formidabile pensare che nella vita si possa evolvere, cambiare. L’unica speranza che abbiamo di salvezza è quella di mutare del tutto il modo che abbiamo di guardare il mondo, rivoluzionare le convinzioni che ritenevamo più profonde, quelle che il tempo non avrebbe mai cambiato.

Io non so dire se sia capitato questo a Gianfranco Fini, ma provate a rifletterci: c’è molto più veleno contro il governo nelle parole di Brunetta contro Tremonti che in quelle di Fini che parlano di una Italia nuova e, soprattutto, diversa. Ma di Brunetta non ha paura nessuno, di Fini sì. Non è tanto l’uomo a far paura, né il ruolo che temporaneamente ricopre. La paura si spiega con lo stupore che si prova davanti a qualcuno che sta praticando una rivoluzione, dentro di sé soprattutto. Quella rivoluzione può riuscire o più probabilmente fallire, ma qualsiasi esito avrà, mostrerà implacabilmente la vecchiezza insopportabile di quelli che stanno intorno. Quel coraggio, quel mettersi in gioco, quel rischiare tutto pur di trovare una via nuova, è la forza che rimette in moto se non una speranza almeno una possibilità.

Fabrizio Molina

24 novembre 2009


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