UK e la “immigration tax”
by Redazione
Posted on Marzo 6, 2008
Il Governo di Gordon Brown prepara delle novità in tema di politiche migratorie.
In particolare l’esecutivo britannico vuole introdurre una speciale «tassa sull’immigrazione» per gli stranieri che intendono fare ingresso e stabilirsi nel Regno Unito. La tassa determinerà un cospicuo aumento delle tariffe per la concessione dei visti di lavoro e varierà in base alla qualità e quantità dei servizi di cui si usufruirà. In altre parole pagherà di più il cittadino immigrato con figli in età scolastica o con familiari anziani destinati a pesare maggiormente sul sistema del welfare nazionale. la tassa sarà, inoltre, diversificata a seconda del tempo che si intenderà trascorrere in Gran Bretagna, per cui un permesso di soggiorno di due anni costerà di più di un titolo di sei.
La «immigration tax», proposta in un libro bianco di prossima pubblicazione e preparata dal ministero degli Interni, Jacqui Smith, si impone – a detta del Governo – per arginare il forte flusso di migranti verso il Paese negli ultimi anni che ha messo in serie difficoltà il sistema sanitario e scolastico inglese. Il guadagno servirà, infatti, a finanziare scuole, ospedali e altri servizi pubblici di cui gli stranieri usufruiranno, cittadini che, una volta stabilitisi sul territorio britannico, avranno anch’essi diritto a sussidi di varia natura se in condizione di disoccupazione o in povertà.
Il provvedimento è ovviamente oggetto di polemiche soprattutto da parte dei conservatori che hanno definito la misura “insufficiente”. Ma forti critiche sono mosse anche da molte amministrazioni locali in difficoltà per le spese aggiuntive connesse con il massiccio sbarco di stranieri – nel biennio 2006-2007 sono stati emessi 2milioni e 700mila visti – non ravvisando nel piano proposto una misura idonea e adeguata alla risoluzione della problematica situazione. La maggioranza degli stranieri proviene, infatti, dai paesi dell’Unione europea e piena libertà di ingresso hanno i cittadini di un certo numero di stati appartenenti al Commonwealth, categorie entrambe esentate dal regime dei visti e, quindi, dalla «immigration tax».
La tassa ha l’obiettivo di responsabilizzare la popolazione straniera, non di raccogliere fondi, è la risposta del Governo britannico.
Il piano del premier laburista prevede anche altre misure quali un periodo più lungo per richiedere la cittadinanza inglese e una fase di volontariato per gli aspiranti cittadini.
Secondo il primo ministro Gordon Brown lo scopo dei nuovi provvedimenti è quello di spingere gli stranieri ad «imparare la cittadinanza» secondo una visione dell’immigrazione “consapevole” già espressa in passato. Probabilmente, in realtà, è un tentativo di governare il fenomeno migratorio cercando di risolvere le problematiche inevitabilmente connesse ad esso, soprattutto di forte impatto sociale ed economico, con iniziative non sempre del tutto consone allo scopo che ci si prefigge di raggiungere e al contesto che si vuole gestire.
Maria Carla Intrivici
(6 marzo 2008)
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