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DECRETO LEGISLATIVO: ESPULSIONI COMUNITARI

by Redazione

Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che recepisce nel nostro ordinamento la normativa comunitaria relativamente al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (direttiva 2004/38/CE), ad integrazione di quanto previsto nel d.lgs. n. 30 del febbraio 2007.

Nel provvedimento sono state inserite le misure sulle espulsioni dei cittadini comunitari per “motivi imperativi di pubblica sicurezza” e di “prevenzione del terrorismo” contenute nel decreto legge bis (decreto legge del 29 dicembre n. 249) che, lasciato cadere, non sarà legge come il primo provvedimento (decreto legge del 1 novembre 2007 n. 181).

Quest’ultimo era stato varato, infatti, dal Governo già dopo l’assassinio della signora Reggiani, lo scorso ottobre, che poi aveva deciso di non farlo convertire in legge in quanto conteneva un errore che lo rendeva incostituzionale. Il contenuto del secondo decreto viene ripreso quasi interamente nel decreto legislativo salvo la previsione della competenza del giudice ordinario per convalidare gli allontanamenti dei cittadini non comunitari. Così viene meno un’importante modifica del Testo unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286 del 25 luglio 1998), prevista precedentemente, secondo cui l’autorità giudiziaria competente in tema di “espulsione di cittadini stranieri e di allontanamento di cittadini dell’Unione Europea” avrebbe dovuto essere il tribunale ordinario monocratico e non il giudice di pace. Così, solo l’espulsione del cittadino comunitario disposta dal prefetto è sottoposta alla convalida, entro 48 ore, dal giudice ordinario competente (anche per il trattenimento nei Cpt). Inoltre, il cittadino UE espulso non potrà entrare in Italia massimo per 10 anni, e violando il divieto rischia il carcere fino a due anni, per motivi di sicurezza dello stato. Negli altri casi il divieto di reigresso è fino a cinque anni e previsto un anno di carcere.

In questo modo si viene a creare un discriminante in materia di libertà personale, un “doppio binario” relativo alla competenza delle espulsioni, fondato solo sulla nazionalità dell’individuo. Il giudice di pace deciderà sulle espulsioni dei cittadini non comunitari, mentre il giudice ordinario si occuperà dei cittadini UE. Il Governo Berlusconi aveva, infatti, affidato al giudice di pace la convalida dei provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale, ad un magistrato che di solito si occupa di piccole liti civili e non dovrebbe occuparsi di diritti fondamentali e libertà. D’altra parte lo stesso ministro Amato, avrebbe voluto evitare l’incongruità della disciplina, e si augura che la Corte Costituzionale intervenga invitando il Parlamento a correggerla.

Tra le nuove disposizioni è, inoltre, prevista la dichiarazione del cittadino UE di presenza nel territorio ad un ufficio di polizia, altrimenti si presume, salvo prova contraria, che sia in Italia da oltre tre mesi, e quindi punibile con l’espulsione; la necessità che le fonti di reddito siano dimostrabili; la cancellazione anagrafica in caso di allontanamento per motivi di sicurezza; l’obbligo di consegna di un attestato di ottemperanza all’ingiunzione di lasciare il territorio nazionale. Le forme attraverso le quali si debba dimostrare le fonti di reddito come condizione per soggiornare oltre i tre mesi saranno oggetto di dibattito parlamentare, in quanto la direttiva europea n. 38 del 2004 prevede che gli Stati membri si astengano dal determinare una soglia minima di reddito per il diritto di soggiorno, ed inoltre non prevede espressamente che le risorse lecite debbano essere dimostrate.

Nello stesso Consiglio dei ministri Ferrero, ministro della Solidarietà sociale, ha ribadito la sua proposta di un nuovo decreto flussi che tenga conto delle domande dei cittadini non comunitari fatte sulla base del decreto flussi 2007, partendo da quelle che ci sono già in più rispetto alla quota prevista.

Dario Porta

(3 marzo 2008)


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