Il futuro demografico dell’Europa
by Redazione
Posted on Gennaio 18, 2008
Il Parlamento europeo si interroga sul futuro “declino demografico” che si prospetta per il Continente, sulla base di una relazione redatta dalla Commissione per l’occupazione e affari sociali.
Le previsioni demografiche indicano la contrazione della popolazione attiva nei prossimi decenni: il numero dei giovani fino a 14 anni passerà da 100 a 66 milioni, mentre la popolazione in età lavorativa diminuirà costantemente, dato che il numero degli anziani di oltre 80 anni passerà presumibilmente dal 4,1% del 2005 all’11,4% nel 2050. Le modifiche della popolazione comporteranno squilibri territoriali in quanto già alcune regioni dell’Unione Europea presentano saldi demografici negativi rispetto ad altre.
La perdita di competitività internazionale ed i problemi di finanziamento dei sistemi di protezione sociale nei Paesi europei sono all’ordine del giorno dei Governi nazionali, la cui soluzione passa anche dal superamento dello squilibro fra popolazione attiva e non attiva e del previsto aumento conseguente di dipendenza giovani-anziani, che passerebbe dal 25% del 2004 al 53% nel 2050.
Inevitabile che la c.d. “sfida del rinnovamento demografico” debba tenere conto dei flussi dei migranti: oggi circa il 3,7% dei quasi 500 milioni dell’Ue-27 sono cittadini non comunitari. Secondo il rapporto, il “ricorso all’immigrazione è e continuerà a essere un elemento della demografia dell’Unione Europea nonché un apporto positivo dal punto di vista economico, sociale e culturale”. I flussi migratori, quindi, sono visti come fattore positivo “nella costituzione della popolazione europea”.
Auspicate dalla relazione del Parlamento Europeo “politiche nuove” dell’occupazione, degli affari sociali e dell’istruzione per far fronte ai cambiamenti demografici, integrate con quelle dell’ immigrazione .
I fenomeni migratori non vengono considerati come unico rimedio, ma inquadrati nello sviluppo di tali “politiche nuove” di coesione sociale e di solidarietà tra generazioni. I flussi migratori dovrebbero, infatti, bilanciare solo parzialmente e nel breve periodo l’invecchiamento della popolazione non risolvendo le conseguenti problematiche.
Gli squilibri demografici a livello mondiale rischiano – come dice il documento – di aggravare le differenze di sviluppo e le pressioni migratorie.
Infatti, alla diminuzione della forza lavoro nei Paesi industrializzati corrisponde quasi specularmente la crescita della popolazione nei Paesi di origine dei migranti, concentrata soprattutto in zone a rischio anche dal punto di vista ambientale.
A fronte della “sfida demografica” politiche nazionali, europee ed internazionali di governance dell’immigrazione attendono un ripensamento ed una precisa definizione, anche di cooperazione allo sviluppo in partnerariato con i Paesi di origine delle migrazioni, per poi passare ovviamente ai fatti.
Dario Porta
(18 gennaio 2008)
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