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La scuola tra presente e futuro

by Redazione

È iniziato il nuovo anno scolastico e siamo di fronte ad una scuola sempre più multietnica.
Gli alunni non italiani sui banchi di scuola sono 501.494 con un’incidenza media del  5,6% e rappresentano la quasi totalità degli stati del pianeta, 192 nazioni su 194 – mancano solo Lesotho e Vanuatu. Le scuole primarie sono quelle con il maggior numero di stranieri (6,8%) e geograficamente l’area con la maggior incidenza è il Nord Est (9,3%).

L’aumento progressivo del numero di alunni stranieri nelle scuole italiane è un dato di grande rilevanza che interroga sulla capacità del nostro sistema scolastico a far fronte alla complessità del fenomeno. Ma questo è solo un aspetto di un problema ben più vasto e complesso: la formazione dei giovani e la competenza del soggetto scuola di assolvervi.

Formare le nuove generazione costituisce indubbiamente un elemento di base per uno stato; l’educazione va salvaguardata, valorizzata. Investire sul capitale umano costituito dai giovani significa, infatti, crescita del paese sia sul piano dei diritti civili e sociali che in termini economici. La mancanza di un “virtuoso” sistema scolastico così come esigui investimenti in campo – con conseguenza come l’abbandono e il ritardo scolastico – si traducono, al contrario, in un costo non solo per gli studenti, a cui si prospetteranno minori opportunità lavorative e di vita in genere, ma anche per la società che non solo non potrà godere a pieno di questa risorsa, ma che probabilmente dovrà sostenere.

In questi giorni l’intervento del Ministro Fioroni ha apportato importanti cambiamenti: dall’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 alla definizione, tramite direttiva, dei contenuti culturali irrinunciabili dell’insegnamento per tutti, in primo luogo dell’italiano, riformando il sistema delle “tre i” del precedente Ministro Moratti (inglese, internet, impresa).
Ma i problemi rimangono e notevoli sono le carenze strutturali e logistiche: la dispersione scolastica, l’assenteismo dei professori, il caro libri, un organico incredibilmente ridotto nonostante un incremento degli iscritti e soprattutto un apparato nel suo complesso poco efficiente e scarsamente dinamico. E questo a fronte di un costo in Italia per l’istruzione di 39 miliardi di euro l’anno solo per gli stipendi del personale.
Qualcosa nel sistema non funziona, è evidente.

Ancora più complesso appare il quadro se riconsideriamo le trasformazioni in corso verso una dimensione sempre più multietnica e multiculturale della scuola, espressione di una presenza diffusa e variegata di cittadinanze sul territorio nazionale.

La scuola, nel suo fondamentale ruolo di “soggetto educatore”, perché possa colmare lacune e disfunzioni da una parte e rispondere adeguatamente alle nuove dinamiche dall’altra deve essere gestita secondo politiche attive dell’istruzione che sappiano cogliere a fondo gli incessanti cambiamenti.
Bisogna riequilibrare le differenze, garantire pari opportunità nell’accesso e nella partecipazione scolastica, considerare le fasce culturalmente più deboli del nostro paese, conoscere e capire le diversità religiose, culturali e linguistiche. Ma anche sostenere una continua e indispensabile attività di qualificazione dei formatori, al fine di creare un personale altamente professionalizzato che sappia inserirsi ed agire in questa nuova realtà. Non ci si può né ci si deve affidare all’improvvisazione o a obsolete tecniche di insegnamento: è precondizione e veicolo per una diverso e più efficace “metodo”, perché l’istituzione scolastica possa essere non solo funzionale all’acquisizione di conoscenze, ma anche e principalmente finalizzata alla formazione di nuove identità da cui dipende la costruzione del domani. La garanzia di compiere nelle nostre scuole una valida e proficua esperienza di apprendimento e di crescita permetterà un futuro migliore per l’intera società.

Maria Carla Intrivici

(14 settembre 2007)


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