Immigrazione: il destino del voto francese
by Redazione
Posted on Marzo 29, 2007
Il tema dell’immigrazione infiamma la campagna elettorale per le presidenziali in Francia.
A destare particolare scalpore è la recente proposta del candidato della destra all’Eliseo, Nicolas Sarkozy, di creare un ministero dell’Immigrazione e dell’Identità nazionale.
D’altronde, il leader dell’Ump ha sempre fatto dell’identità nazionale un cavallo di battaglia. «Torniamo a parlare di nazione e di radici» afferma. «L’identità francese non è una parolaccia. La storia della Francia, la fierezza di essere francese, l’identità sono al cuore della campagna elettorale» chiosa, ammiccando, probabilmente, all’elettorato di estrema destra. E Sarkozy è convinto che la maggioranza dei cittadini concordi con lui su questo tema; anzi, secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano Le Figaro, il 55% dei francesi si direbbe “favorevole” alla sua idea di creazione di un ministero dell’Immigrazione e dell’Identità nazionale.
La proposta, in sintonia con la sua politica, ha scatenato, però, un coro di critiche a più livelli e gli è valsa l’accusa di razzismo, di lepenismo e vichismo.
La stessa candidata socialista, Ségolène Royal, l’ha criticata aspramente, definendola “intollerabile”: l’immigrazione regolare non è un rischio per l’identità nazionale.
Ma da qualche giorno è proprio la Royal a scendere in campo sui temi dell’identità e la storia francesi e a “inseguire” l’avversario di destra su questo terreno, generando un certo imbarazzo nei suoi sostenitori. L’inno e la bandiera, i simboli della nazione e del capo dello Stato sono tutte cose che si impegnerà a tutelare e a “rinvigorire” se dovesse essere eletta.
Il lacerante dibattito, in ogni caso, imperversa e divide.
C’è la questione dei sans papiers. Secondo la candidata socialista la regolarizzazione dei clandestini dovrebbe seguire, in una sorta di automatismo, la scolarizzazione dei figli; più dura la linea del leader di destra.
C’è la questione delle banlieues: i quartieri della periferia parigina, in cui vivono giovani divenuti francesi, ma di origine straniera, gli incendiaires, i casseurs o la «feccia» come li ha definiti l’ex ministro dell’Interno. Si tratta “zone di non città” colpite da una profonda emarginazione sociale alimentata sia dal mantenimento di forti identità etniche e tribali, ma anche e soprattutto dalla mancanza di politiche pubbliche capaci di promuove integrazione e mobilità sociale; quartieri in cui l’autorità non interviene, anzi si ritira, abbandonandoli alla violenza, al degrado, alla miseria, in un processo continuo e inarrestabile di esclusione.
La Royal, soprattutto alla luce dei recenti e continui episodi di violenza, critica la politica di fermezza e repressione adottata da Sarkozy come ministro dell’Interno nelle periferie, definendola un fallimento; mentre la destra la accusa di permissivismo e lassismo, entrando nel terreno di un problematica tanto caro e scottante quale la sicurezza.
Nel frattempo è proprio nelle banlieues che si registra il record di iscrizioni alle liste elettorali in vista del primo turno presidenziale e, in genere, si assiste ad una mobilitazione generale. E in questo contesto, il più bersagliato è Sarkozy accomunato al leader dell’estrema destra Le Pen.
Ad ogni modo questa annunciata ingente affluenza alle urne rafforza la tesi secondo cui il voto è fondamentale per una “ricittadinanza” di quella parte dell’elettorato emarginata, esclusa dalle dinamiche politiche, sociali, economiche, come lo è “il popolo nelle banlieues”. Ma per generare un’effettiva inclusione sociale all’interno della comunità, occorre anche impegnarsi a promuovere riforme organiche e ad attuare politiche di sostegno in campo sociale, scolastico, nel mercato del lavoro volte a garantire parità di accesso all’istruzione, eguali chance nel mondo lavorativo, impieghi meno precari e più remunerati. Interventi necessari perché da una semplice concessione della cittadinanza o da un riconoscimento formale dell’uguaglianza si arrivi ad una fruibilità sostanziale, reale dei diritti per un nuovo patto di cittadinanza.
Maria Carla Intrivici
(29 marzo 2007)
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