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Il superamento della legge Bossi-Fini non basta

by Redazione

Il Governo sta lavorando per il superamento della legge Bossi-Fini.
Sembra che il disegno di legge delega sia ormai pronto, mancano gli ultimi ritocchi e i necessari compromessi.

Nel frattempo, però, l’Esecutivo si è mosso con interventi mirati di riforma del Testo unico immigrazione, di cui al d.lgs. 286/98. Tra questi, l’ultimo in ordine di tempo è il decreto legge che abolisce l’obbligo del permesso di soggiorno per permanenze di breve durata, sostituito da una dichiarazione. In precedenza, il Ministero dell’Interno, con una apposita direttiva, ha stabilito la proroga del permesso del soggiorno in attesa del rinnovo e il Governo ha approvato il disegno di legge in materia di contrasto al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e quello contro lo sfruttamento di lavoratori stranieri irregolari. Altre modifiche sono state apportate dai decreti legislativi n. 5/07 e n. 3/07 di attuazione di due direttive comunitarie – 2003/86/CE e 2003/109/CE –, l’una ha semplificato la procedura del ricongiungimento familiare, l’altra ha ridotto da sei a cinque anni il periodo di regolare permanenza in Italia necessario per richiedere la carta di soggiorno.

Passi più o meno piccoli, più o meno significativi in vista di un totale superamento della legge Bossi-Fini.
Ma può bastare?
Certamente no.

Il Ministro della Solidarietà Sociale, Ferrero, ha più volte ribadito che la revisione della legge Bossi-Fini pone solo la “precondizione” per un razionale governo del fenomeno immigratorio.
Sono necessarie nuove politiche di Welfare, modifiche nella spesa sociale, dinamiche politiche di diritti civili e politici.

In effetti non ci si può limitare ad un’unica azione qual è l’inevitabile modifica della legge Bossi-Fini, questa costituisce la premessa da inserire in un più vasto contesto di interventi coordinati e azioni positive nei diversi settori in cui il fatto migratorio si articola.

Nel mercato del lavoro è, infatti, impellente un’azione coordinata volta a fare emergere il lavoro sommerso per condurlo nel circuito della legalità, per un’effettiva salvaguardia dei diritti del lavoratore e l’eliminazione di conseguenti forme di concorrenza sleale; ma, al pari, occorrono adeguate politiche scolastiche volte a riequilibrare le differenze, garantire pari opportunità nell’accesso e nella partecipazione, conoscere e capire le diversità religiose, culturali e linguistiche. È urgente una revisione della legislazione in materia di cittadinanza – e il Governo si è già mosso in tale senso – finalizzata a rendere più flessibile il sistema di acquisto della cittadinanza italiana secondo il principio dello ius soli, legando l’acquisto della cittadinanza al rilevante apporto di ciascuno allo sviluppo della comunità in cui vive, ma soprattutto – in un percorso parallelo a quello della cittadinanza, però non coincidente – il riconoscimento dell’elettorato passivo e attivo agli stranieri soggiornanti di lungo periodo, diritto che stabilisce una tappa fondamentale nell’imprescindibile percorso di civiltà e democrazia, stabilendo così un termine entro il quale lo straniero smette di essere trattato da “immigrato” e comincia ad essere considerato “cittadino”.

Bisogna, quindi, agire per predisporre una normativa vasta e lungimirante di disciplina complessiva e esaustiva del fenomeno affinché il fatto migratorio non sia subito, ma governato.

Maria Carla Intrivici

20 febbraio 2007


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