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La nuova Europa a 27

by Redazione

Dal 1 gennaio 2007 l’Unione Europea annovera 27 paesi in seguito all’ingresso di Bulgaria e Romania.
Grazie a questa successiva tappa dell’allargamento, 30 milioni di nuovi cittadini sono diventati europei, popolazioni con un reddito pari a un terzo della media europea e un livello di formazione inferiore, con tassi di disoccupazione più o meno allineati e con un’inflazione più che doppia rispetto a quella europea. Grande disomogeneità, quindi, frutto di scelte politicamente necessarie, ma deboli e non sempre gestite nel migliore dei modi.
Quasi mezzo miliardo di cittadini, più di un quinto del Pil mondiale, il 18% del commercio internazionale e ben 23 lingue ufficiali: questa è la nuova Europa.

In seguito all’ingresso di Bucarest e Sofia nell’Unione, i neocomunitari possono ormai entrare liberamente nel nostro Paese con il solo documento di identità per soggiorni inferiori di tre mesi, per periodi superiori è necessaria la carta di soggiorno che dà anche diritto alla permanenza di coniuge e figli.
Per quanto riguarda l’accesso al mercato del lavoro, l’Italia ha deciso di avvalersi di un “regime transitorio” della durata di un anno prima di liberalizzare completamente (solo 10 su 25 hanno fatto ricorso alla completa liberalizzazione). Per cui per alcuni settori si prevede – come si legge in una circolare e congiunta del ministro dell’Interno e del ministero della Solidarietà sociale – l’apertura immediata (agricolo e turistico alberghiero; lavoro domestico e assistenza alla persona; edilizio; metalmeccanico; dirigenziale e altamente qualificato) a parità di condizioni con tutti gli altri cittadini comunitari; ugualmente è prevista l’apertura immediata per il lavoro stagionale o autonomo. Negli altri casi, invece, l’assunzione avviene mediante una “procedura semplificata”, con la necessità del rilascio del nulla osta da parte dello Sportello Unico per l’Immigrazione, senza, comunque, fare ricorso a tetti numerici imposti.
L’allargamento impedisce, inoltre, le espulsioni di bulgari e romeni se non per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica.

In Italia vivono 270.845 romeni e 16mila bulgari, senza contare l’esercito di clandestini che l’ingresso di questi due Stati nell’Unione ha fatto emergere – intorno a circa 500mila – un popolo di colf, badanti operai edili, metalmeccanici e stagionali.
Ma ciò che desta maggiore preoccupazione è la nuova pressione migratoria, soprattutto romena, verso il nostro Paese in seguito all’apertura delle frontiere comunitarie. Si parla di quote di lavoratori in arrivo ogni anno che oscillerebbero tra le 60mila e 105mila unità, in particolare nomadi che rappresentano il 2,5% della popolazione romena.
Le forze dell’ordine assicurano che non è prevista una migrazione di massa di queste popolazioni, ma il timore di un’“invasione” è molto diffuso, allarme che acuisce i sempre più radicati sentimenti di sfiducia e diffidenza verso l’Europa da Est come a Ovest.

Maria Carla Intrivici

(4 gennaio 2007)


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