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Scuola-immigrati, tra pregiudizi e integrazione

by Redazione

In questi giorni non mancano notizie allarmanti su episodi di violenza o di sopraffazione nei confronti degli alunni più deboli e indifesi nelle aule scolastiche.
I fatti eclatanti celano le difficoltà giornaliere di integrazione a causa dei pregiudizi e delle discriminazioni che gli stranieri subiscono.

Non sorprende che uno dei dati emersi dalla ricerca svolta da un giovane ricercatore dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e facilitatore linguistico nel Comune lagunare, Fabio Caon sia che il “cattivo odore” sembra costituire uno degli ostacoli principali all’integrazione degli alunni stranieri nella scuola italiana, più della conoscenza della lingua.

I pregiudizi – tra i quali l’equazione razzista immigrato-cattivo odore – sono duri a morire. D’altra parte, come il più delle volte accade con i luoghi comuni, anche questo dato ci è utile per riflettere sul ruolo della scuola e degli insegnanti come soggetti educatori in una società che si evolve inarrestabilmente verso una dimensione multietnica e multiculturale.

L’Italia garantisce il diritto all’istruzione per tutti i giovani di età scolare anche se irregolarmente soggiornanti insieme ad altri Paesi europei: Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Grecia, Paesi Bassi e Portogallo.
La presenza degli stranieri nel sistema scolastico italiano ha assunto, specialmente negli ultimi anni, dimensioni notevoli anche se ancora inferiori a quelle degli altri Paesi europei, in un momento in cui la scuola si trova ad affrontare difficili processi di riforma orientati a ridefinire finalità, modelli organizzativi, contenuti culturali, metodologie didattiche.
Gli alunni stranieri a scuola nell’anno scolastico 2005-2006 – dati MIUR – rappresentano il 5% della popolazione scolastica (424.683) con un incremento del 17,3%. Al primo posto la scuola primaria con 164.177 (+13,6), seguono le scuole medie: 96.611 (+14,5%), le scuole superiori con una marcata tendenza verso gli istituti tecnici e professionali (saranno 100 mila il prossimo anno, di cui circa 80 mila iscritti negli istituti tecnici e professionali): 82.318 (+38,2%) e le scuole dell’infanzia: 81.577 (+11,6). Erano poco più di 50.000 nell’anno scolastico 1995/96, secondo le previsioni ministeriali saranno presumibilmente mezzo milione nel 2005-2007.

L’ingresso nella scuola per il bambino e l’adolescente straniero rappresenta un’occasione privilegiata di integrazione e di scambio, uno spazio cruciale di incontro tra stranieri e popolazione autoctona, può quindi rappresentare un’opportunità quando la scuola riesce a svolgere un compito di accoglienza e di sostegno. Allo stesso tempo, però, può risultare anche l’ambito in cui possono emergere le fragilità dell’allievo e della sua famiglia, e nel quale il bambino straniero può sperimentare un vissuto di distanza e di differenza.

E’ evidente dalla distribuzione della popolazione straniera – alla stregua di altri Paesi europei – che gli immigrati presentano livelli di istruzione significativamente inferiori rispetto alla popolazione autoctona. I dati del Miur che fanno riferimento alla riuscita scolastica, relativi all’anno scolastico 2003-2004, evidenziano uno scarto tra le promozioni dei minori stranieri e quelle degli autoctoni del 3,36% nella scuola primaria, e del 12% in quella secondaria.
I fattori che determinano i risultati scolastici dei migranti sono vari: dai fattori socio-economici e culturali legati alle comunità di appartenenza, a quelli relativi al mondo della scuola dovuti al rapporto instaurato con gli insegnanti o a fenomeni di esclusione sociale causati da pregiudizi, talvolta espressi con molestie e offese.

La scuola è uno dei principali luoghi di esperienza per la formazione degli individui, per questo da lì si può incominciare a eliminare i pregiudizi e favorire i processi di integrazione, riequilibrando le differenze, garantendo pari opportunità nell’accesso e nella partecipazione scolastica, considerando le fasce culturalmente più deboli del nostro Paese, conoscendo e comprendendo le diversità religiose, culturali e linguistiche.

L’attivazione di corsi di alfabetizzazione e la presenza di mediatori culturali in alcune delle scuole è una prima risposta al disagio degli educatori di fronte al numero crescente di stranieri nelle loro aule, per favorire l’apprendimento della lingua italiana da parte degli alunni giunti solo recentemente nel nostro Paese.

E’ indispensabile altresì investire sul costante aggiornamento delle competenze dei formatori: la “formazione dei formatori”, per renderli aperti all’interdisciplinarietà dei metodi e dei contenuti, al fine di creare un personale altamente professionalizzato che sappia inserirsi ed agire in questa nuova realtà.

Dario Porta

(29 novembre 2006)


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