Che ne dite se ne parliamo?
by Redazione
Posted on Ottobre 10, 2006
Da un tempo ormai non più breve si avverte, a volerla sentire, una sensazione di ineluttabilità, una sorta di inevitabile appuntamento con domande cruciali in tema di immigrazione. Per ora riusciamo un po’ tutti a cavarcela rifugiandoci negli studi di settore: chi parla solo di leggi, chi di sociologia, chi di incrementi e decrementi demografici e chi, infine, di intercultura e multietnicità. Sempre guardinghi, sempre attentissimi a non cadere nella trappola di guardare all’insieme delle questioni che hanno a che fare con la qualità della nostra vita futura. E la domanda che mi sorge constatando questa tendenza non è di tipo moralistico ma pragmatico: serve questo approccio? Aiuta?
Direi di no.
Vorrei argomentare brevemente attorno a tre fatti diversi cui la stampa ha dato rilievo in queste ore e che, in certo modo, testimoniano di questo appuntamento col futuro che, per ora, sappiamo solo rimandare.
Primo. Ieri, sul Corriere, Magdi Allam sostiene che come occidentali non siamo sotto scacco solo dei tagliagole islamici, ma anche dei taglialingue, sempre islamici, che vogliono azzerare non solo la nostra civiltà, ma anche la critica, la satira, persino l’irrisione blasfema, che spesso mi capita di disprezzare ma che non può essere zittita da nessuno e per nessun motivo. Domando: se ne può discutere, o occorre ancora ascoltare le argute argomentazioni di chi preferisce diffamare Allam, ora dicendo che è uomo della Cia, ora che non è neppure musulmano? Capisco che la diffamazione più che il conflitto di idee appartiene profondamente ad una piccola ma tenace parte del pensiero comunista e cattolico, ma non vi sembra che basti? Che sarebbe meglio, se uno ce la fa, controbattere agli argomenti con argomenti?
Secondo. John Lloyd oggi su La Repubblica, illustrando il pensiero di Bob Putnam, quello di Bowling Alone, sostiene per via scientifica il fallimento del melting–pot e, nei fatti, il tramonto delle politiche occidentali in tema di convivenza nella diversità. Ne discutiamo o preferiamo dire che Putnam e Lloyd sono due prezzolati della Casa Bianca indegni persino di risposta?
Terzo. A Milano apre una scuola araba senza nulla osta. Com’è buona tradizione dei suoi compagni di politica, il Ministro Ferrero condanna la scelta ma esecra anche il ritardo con cui vengono spediti i nulla osta. E’ questo il problema? Lo sapete o no quanto spendono ogni anno Comuni come Roma, Milano, Torino ecc, per finanziare centri diurni e di aggregazione che servano a creare le condizioni per una scuola di tutti? E quello che stiamo ottenendo è che tutti abbiano una loro scuola. Il contrario esatto, mi pare! Forse che il melting–pot significa non la scuola ma le scuole, non l’economia ma le economie, non il lavoro ma i lavori, non la sanità ma le sanità. I diritti spesso no, né al singolare, né al plurale. Ci spendiamo qualche riflessione o chi non salta fasciatone è, è?
Fabrizio Molina
(10 ottobre 2006)
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