Se anche gli stranieri se ne vanno dall’Italia…
di Beppe Casucci
Roma, 15 febbraio 2022 –
Sono preoccupanti gli indicatori emersi dal XXVII Rapporto della Fondazione ISMU sulle migrazioni nel 2021, presentato lo scorso 11 febbraio a Milano.
Gli stranieri in Italia sono sempre più poveri e sempre più tentati ad andarsene. Inoltre, ne arrivano sempre meno e questo pesa notevolmente sulla bilancia demografica di un Paese, il nostro, che registra ogni anno record negativi sul piano delle nascite.
Potremmo riassumere così il rapporto che la Fondazione Ismu ci presenta quest’anno sullo stato delle migrazioni nel nostro Paese. Ci sono vari aspetti che vanno considerati per spiegare la crescente disaffezione dei migranti per un Paese che pure è collocato sulla sponda del Mediterraneo e quindi rappresenta un passaggio quasi obbligato per quanti intraprendono il difficile viaggio dall’Africa verso l’Europa. Ma veniamo intanto ai numeri.
I dati. Per il secondo anno consecutivo diminuisce il numero degli stranieri presenti in Italia. Sono sempre meno e sempre più poveri, anche a causa delle conseguenze della pandemia di coronavirus, come si legge nel XXVII Rapporto sulle migrazioni 2021, elaborato da Fondazione Ismu (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) e presentato alcuni giorni fa alla Camera di commercio di Milano. Ismu stima che al primo gennaio 2021 gli stranieri presenti in Italia siano 5.756.000, 167mila in meno rispetto alla stessa data del 2020 (-2,8%), dato legato anche alla flessione degli ingressi e al costante flusso di acquisizioni di cittadinanza.
Impatto della pandemia. Sul fronte lavorativo si osserva nello studio come la vulnerabilità della popolazione con background migratorio – già strutturalmente svantaggiata rispetto a quella italiana – si sia accentuata a causa della pandemia: il tasso di occupazione degli stranieri, infatti, ha subito una significativa flessione, passando dal 61% del 2019 al 57,3% del 2020. In generale la difficoltà a trovare lavoro si è tradotta in minore capacità contrattuale nei confronti del datore di lavoro (anch’esso in forte difficoltà) con conseguenze sul piano salariale e sulla qualità e durata del lavoro. Nel 2020, ad esempio, riporta ISMU, la retribuzione media annua dei lavoratori extracomunitari, pari a 12.902 euro, è inferiore del 38% a quella del complesso dei lavoratori. Sono le donne ad aver pagato il prezzo più alto nel mercato del lavoro: la riduzione del tasso di occupazione è doppia rispetto a quella degli immigrati maschi.
Il prezzo pagato dalle migranti. Dei 456mila posti che si sono persi tra il 2019 e il 2020, quasi un quarto coinvolge le sole donne straniere. Alla vigilia della pandemia (2019) in Italia si contavano, secondo la rivelazione continua sulle forze lavoro, oltre 4 milioni di stranieri in età attiva e quasi 2 milioni e 900mila stranieri attivi (ossia occupati o alla ricerca di un impiego), pari all’11,3% delle forze lavoro complessiva.
Aumento della povertà. Si assiste, di conseguenza, ad un ulteriore aggravamento della povertà, giunta nel 2020 a riguardare il 29,3% degli stranieri (contro il 7,5% degli italiani) e il 26,7% delle famiglie di soli stranieri (erano il 24,4% nel 2019), pari a ben 415mila nuclei familiari.
Impatto demografico. Nel 2021, rispetto all’anno precedente e per il secondo anno consecutivo, vediamo una variazione negativa nel numero di stranieri (-2,8%), dovuta in parte all’acquisizione di cittadinanza e in parta alla riduzione dei nuovi ingressi. E questo malgrado gli sbarchi sulle coste italiane nel 2020 siano stati oltre 34mila, circa il triplo di quelli del 2019. Nel corso del 2020 sono stati rilasciati 107mila nuovi permessi di soggiorno, il numero più basso degli ultimi 10 anni (-40% rispetto al 2019). La diminuzione più consistente ha riguardato i permessi per studio (-58,1% rispetto all’anno precedente), cui seguono i permessi per asilo-umanitari (-51,1%), quelli per famiglia (-38,3%) e quelli per lavoro (-8,8%). In termini globali i cittadini non comunitari con regolare permesso di soggiorno in Italia sono diminuiti di circa il 7%, passando da 3 milioni e 616mila al 1° gennaio 2020 a 3 milioni e 374mila al 1° gennaio 2021.
Acquisizioni di cittadinanza. Il nostro paese conta un milione e mezzo di nuovi italiani. Al 1° gennaio 2020 (ultimi dati disponibili) vivono in Italia oltre 1 milione e 500mila (di cui 335mila nati in Italia) “nuovi italiani”, che nati stranieri, hanno successivamente acquisito la nostra cittadinanza. Si deve considerare che ogni 100 stranieri ci sono in media 29 “nuovi cittadini”.
Conclusioni
Siamo lontani anni luce dalla decade del 2000, quando la media di ingressi di stranieri nel nostro Paese oscillava tra i 400 ed i 500 mila nuovi arrivi annui. Malgrado il forte calo della popolazione italiana – dovuta al basso tasso di fertilità e dalla differenza negativa della somma tra nuovi nati e morti (ogni anno perdiamo 350 mila cittadini italiani, il peso di una città di media grandezza) – la tendenza del comportamento degli stranieri è più ad andare che a venire con conseguenze sempre più pesanti sul mercato del lavoro e nel complesso della nostra società. Interi settori produttivi ormai soffrono dell’assenza di manodopera (specialmente qualificata, ma non solo) ed in una società sempre più vecchia, il settore dell’assistenza alla persona sta crescendo a ritmi esponenziali, con carenze sempre più evidenti quantitative e professionali.
Secondo tutte le simulazioni demografiche, senza un cambio di rotta nelle politiche di sostegno alle famiglie e alla natalità, rischiamo il dimezzamento della popolazione italiana, prima di fine secolo. Le conseguenze sul welfare – soprattutto pensionistico – rischiano di essere a medio periodo catastrofiche.
È certamente vero che non saranno gli stranieri a risolvere i gravi problemi di una società malata come la nostra, ma la loro presenza può aiutare a ringiovanire la popolazione e a darci più tempo per correggere politiche sociali inadeguate, quando non del tutto sbagliate.
Il fatto che gli stranieri se ne vadano dall’Italia, per noi, significa più cose: che l’economia italiana ed il mercato del lavoro non sono più attrattivi nemmeno per quelli che consideriamo erroneamente “gli ultimi”; che altri Paesi europei sono la vera meta di chi arriva via mare o via rotta balcanica, e che il nostro Paese è considerato dai migranti soprattutto punto di passaggio verso il Nord Europa; che le politiche razziste e discriminatorie risultano del tutto gratuite per chi è poco interessato ad un futuro di vita in Italia e sono oltremodo dannose e stupide, oltre che eticamente disprezzabili.
Pur essendo convinti che l’immigrazione non potrà essere la soluzione ai nostri guai demografici e che vanno cambiate radicalmente le politiche di sostegno alle famiglie, al welfare ed alla natalità, il rapporto ISMU – come altri – testimonia di una tendenza a non scommettere sul futuro dell’Italia, nemmeno da parte degli “ultimi” che ci dovrebbe davvero preoccupare.
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