La proposta Barbagli: un buon punto di partenza

In una intervista al Corriere della Sera del 13 settembre, il Professor Marzio Barbagli avanza, sul terreno del governo dell’immigrazione, una proposta ragionevole e di buon senso. Positiva per diversi motivi: sul piano metodologico essa parte dalla necessità di intervenire su più piani contemporaneamente: 1) creazione di una agenzia per il lavoro con relativo superamento della pratica delle sanatorie quadriennali, 2) riforma dei Cpt, 3) allungamento dei tempi di indagine per accertare i requisiti di permanenza, 4)dimezzamento dei tempi per ottenere la cittadinanza, 5) assoluta fermezza con l’immigrazione clandestina. E poi, di assoluta rilevanza, un poderoso piano di integrazione (addirittura decennale) da realizzarsi nelle scuole.

Questo approccio, che possiede una integrabilità di fondo con il Lodo Amato, ha il pregio di pensare l’immigrazione come un segmento di questione sociale a cui rispondere con azioni coordinate, multiple e fondate, finalmente, sul principio di non contraddittorietà. Una iniziativa di governance insomma, come noi chiediamo da molto tempo.

Nel merito delle proposte accennate c’è secondo noi molto da lavorare poiché, pur apprezzandone lo spirito, esprimiamo delle perplessità sull’opportunità di creare una agenzia per il lavoro “ad hoc”; se infatti i compiti di questo soggetto sono inerenti all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, perché non utilizzare, magari riformandola, la Direzione Generale che esiste (e boccheggia) del Ministero del Lavoro? Perché creare un nuovo organismo?

Anche sul mastodontico impegno nella scuola, c’è da discutere. Un piano decennale di investimento rischia di prefigurare oggi cambiamenti che nessuno può immaginare, ponendo le basi per la nascita di un sistema che, proprio a causa della sua lunga durata, rischia di ingessarsi e rendersi impermeabile ai cambiamenti. Meglio, molto meglio, investire risorse per radicare una cultura che veda la scuola come l’indispensabile fucina di ogni progresso sociale, facendo passare nella società e nella politica la consapevolezza che un investimento del genere deve essere la regola, mentre con un decennio si avrebbe una eccezione. Lunghissima, ma pur sempre eccezione.

Questi ed altri possibili terreni di confronto non incidono però minimamente sulla positività dell’apporto offerto dal sociologo bolognese, un contributo che ci auguriamo verrà preso a spunto per mettere mano subito ad una azione di governo complessivo del fenomeno ora che, come dice Barbagli, non è ancora sfuggito di mano.

Fabrizio Molina

(15 settembre 2006)