Come, non c’è la sinistra?
by Redazione
Posted on Giugno 8, 2015
di Fabrizio Molina
Ieri pomeriggio avevo deciso di andare al saggio di pianoforte di mio nipote Alessandro. Ho sentito tanti giovani musicisti in erba, che magari continueranno a suonare, magari no; forse la musica farà parte del bagaglio culturale di alcuni tra loro che per vivere faranno i pizzicagnoli o gli avvocati divorzisti. In ogni caso ieri pomeriggio ho respirato una bell’aria di futuro, tra musicisti per lo più compresi tra i sei e i dodici anni, un futuro ancora più tangibile quando si sono esibite un paio di bambine dodicenni all’arpa celtica. L’arpa celtica credevo che neanche esistesse più, invece esiste e lotta insieme a noi.
L’esatta opposta sensazione l’ha avuta l’altro me stesso che è andato a sbirciare in via dei Frentani, nella sala dove, pensate un po’, si riuniva Landini con la sua Coalizione Sociale, che si è data il simpatico programmino di prendere a calci in culo il capitalismo. Per ora italiano ma presto mondiale.
L’altro me stesso non credeva ai suoi occhi: sono entrati in sala Oreste Scalzone e Franco Piperno, che negli anni 70 avevano fondato Potere Operaio con quell’altro galantuomo di Tony Negri e oggi condividono la stessa marca di catetere e la stessa infermiera colombiana alla clinica Villa Assuntina. Poi c’era Sandra Bonsanti, per fortuna almeno stavolta senza Umberto Eco, poi una discreta serie di rivoluzionari tutti ben al di sopra dell’ottantina: Valentino Parlato, Vittorio Agnoletto (che ne ha di meno, ma ci sembra di averlo tra noi da una vita), Gianni Rinaldini e soprattutto Stefano Rodotà, perché uno laureato che azzeccasse i congiuntivi ci stava bene.
Per dare tempo alle truppe di prepararsi le pillole salvavita, Landini ha intanto preannunciato un contro 1 maggio per il prossimo autunno; un concertone con gli Intillimani, Claudio Lolli, Giovanna Marini, Patty Smith, gli Stadio. Se non fosse passato con Grillo ci saremmo beccati pure Dario Fo. Una sciccheria, insomma.
Tutto come allora. Gli stessi perdigiorno, ma orribilmente più vecchi. Più cadenti, più svaniti. Tra loro neanche un operaio, del resto gli operai in quella sinistra lì non c’erano cinquant’anni fa, perché mai dovrebbero esserci oggi. Se fosse stato un raduno di reduci democristiani fuori la sala ci sarebbe stata qualche Mercedes, nel loro caso c’erano robuste ucraine sulla quarantina ognuna con la carrozzina vuota vicino ad aspettare. Più onesti dunque, ma non meno tristi. Già due giorni fa, in un altro lupanaro alla stazione Termini, si erano riuniti altri vecchi reduci, convocati, nientemeno, da Vendola. Se i due gruppi si compatteranno, potranno forse ambire a conquistare Villa Sandra, occupare la sala di fisioterapia riabilitativa e dichiararla la nuova Cuba.
L’arpa celtica non è la cosa più vecchia del mondo accaduta ieri.
Hasta la victoria siempre!
Fabrizio Molina
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