I danni della disinformazione, sulla pelle dei rifugiati
by Redazione
Posted on Marzo 13, 2015
di Beppe Casucci, Vice Presidente del CIR
E’ vomitevole la speculazione che viene giocata in questi giorni sulla pelle dei rifugiati, da parte del politico di turno e di trasmissioni televisive di dubbia eticità; broadcast che hanno lo scopo di buttare fango su vittime della guerra e di gravi discriminazioni, con l’unico obiettivo di giocare sul malcontento di un pubblico già all’estremo per gli effetti della prolungata crisi economica, e guadagnare qualche voto.
Certo, è già moralmente ed eticamente grave speculare sulle disgrazie altrui. Peggio se si usa la disinformazione per suscitare la rabbia del pubblico.
Si dice, ad esempio: “loro (i rifugiati) ci costano 42 euro al giorno, cioè 1260 euro al mese, quando ad un pensionato sociale lo Stato dà solo 480 euro di pensione”. Oppure: “sono troppi, mandiamoli a casa loro”.
Cinico, anche se comprensibile che la disinformazione venga dal politico in trasmissione televisiva che è a caccia di voti. Ma che la disinformazione venga dal conduttore o giornalista, di testata pubblica o privata è davvero intollerabile.
Questi signori non dicono che:
a. il contributo a rifugiato è di 35 euro al giorno: questo comprende vitto, alloggio, pocket money e phone card; corsi di lingua italiana; orientamento legale; orientamento sociale e verso la futura integrazione; sostegno psicologico. Per l’integrazione sono anche previsti: borse di lavoro e sostegno all’apprendistato. Non certo una cifra esagerata;
b. che questi soldi non vanno al rifugiato, ma all’organizzazione sociale che ha vinto il bando pubblico per dar loro assistenza, che in genere non è in grado di dare altro che una scadente assistenza;
c. sono fondi UE. Ma la cosa più importante è che questi non sono “soldi nostri”. L’accoglienza per i rifugiati (e in futuro anche parte dell’integrazione) è finanziata in larga parte con fondi dell’Unione europea (l’Italia partecipa in genere con un 25%), fondi che non possono andare al nostro Paese per nessun altro motivo che non siano i rifugiati. Il fondo che l’UE ha messo a disposizione dell’Italia per far fronte agli sbarchi è di 500 milioni di euro per i prossimi 5 anni, oltre ai costi dell’operazione Triton. A questo vanno aggiunti altri 200 milioni di euro per programmi di integrazione, solo nel 2015–2016. Tutto questo però, spesso non viene precisato nei programmi televisivi;
d. per la Convenzione di Ginevra, il regolamento di Dublino e tutta la legislazione internazionale e nostrana relativa ai rifugiati, chi ha diritto a richiedere asilo o protezione internazionale non può essere rifiutato; il diritto d’asilo è un diritto fondamentale: rispettarlo o meno, distingue le democrazie dalle dittature.
Infine: inutile dire “mandiamoli a casa”. A differenza degli immigrati, i rifugiati non possono tornare a casa, in quanto verrebbero uccisi o imprigionati; quindi non possono essere espulsi; non possono fare domanda d’asilo nel paese di origine o in uno di transito, ma debbono mettere piede in Europa per presentare la domanda: e questo spiega la crescita degli sbarchi (e dei morti nel Mediterraneo: 4200 da inizio 2014).
Infine: la Carta di Roma, istituita nel 2008 dall’Ordine Nazionale dei giornalisti, impone a questi ultimi un protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime di tratta e migranti. Protocollo che impone ai giornalisti italiani di “osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti “. Purtroppo non sembra che questi giusti principi vengano sempre rispettati.
Bisognerebbe dunque che questo protocollo venisse davvero applicato intervenendo e censurando chi disinforma il pubblico e incita (magari indirettamente) al linciaggio mediatico ed al razzismo, ai danni di chi – non va mai dimenticato – è una vittima e chiede di essere protetto.
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