Piccolo disperato appello: per fermare le guerre (micro e macro) bisogna investire sulla pace. E anche tanto
by Redazione
Posted on Luglio 12, 2014
di Vittorio Sammarco
No, davvero la storia non è finita, come si affannò a spiegare alcuni anni fa l’economista Francis Fukuyama.
E’ invece evidente a tutti che il crollo del muro di Berlino e la fine dei blocchi contrapposti non ha significato per nulla la pacificazione generale del globo. La guerra (purtroppo in queste ore mentre si scrive viene proprio di chiamarla così) di nuovo in corso tra Israele e Palestina, l’avanzata dell’integralismo islamico a nord di Siria e Iraq, fino alla creazione di un vero e proprio Califfato, uno stato religioso dell’Islam con le sue regole e i suoi codici, ci spinge a pensare che molta, davvero molta strada bisogna ancora fare per ridare la speranza che questo piccolo-grande pianeta possa vivere in pace e prosperità.
Noi non siamo quelli che sognano (dormendo) un mondo senza conflitti. Anzi, proprio perché li vediamo ci ostiniamo a lavorarci dentro, nelle viscere, a sporcarci le mani tentando di risolverli. Ma non ci sfugge neppure di capire che se non abbiamo visioni alte, lungimiranti, se non crediamo veramente alla pace, al dialogo e al confronto costante e continuo, quello che per anni abbiamo evitato di chiamare (perché di fatto non lo è) “scontro di civiltà”, potrebbe presentarsi sotto vesti (neppure tanto) camuffate. Insomma, la paura è tanta. E forse non è un male che ci sia, perché alle volte, presi alle strette, si trovano soluzioni che, l’ignavia o la sconsideratezza, avevano confinato in un cassetto.
Ora, però, bisogna dirselo chiaramente che le strade principali da percorrere sono.
Una, la politica (internazionale, e quindi la Ue, l’Onu, e quant’altro di aggregato e di forte possa esistere) può fare qualcosa per evitare che il precipizio si spalanchi in tutto il suo orrore di morti distruzioni, vendette e contro vendette? Se sì bisogna investirci, e molto, senza badare a bilanci e bilancini.
Secondo, la famosa società civile. Cioè noi. Per evitare che i conflitti, tra mondi, civiltà e culture, si ripetano anche nel micro delle nostre città, bisogna incontrarsi, conoscersi, stabilire relazioni, rendere la vita reciprocamente più ragionevole e vivibile. Bisogna cioè evitare che si creino mura, e dal muro si passi facilmente alla lotta e alla guerra. Qui, da noi, nelle nostre città, e non soltanto nel lontano Medio Oriente. La popolazione di religione islamica nel nostro occidente è sempre più grande. Cosa vogliamo fare, indignarci e opporre anacronistiche e vane resistenze? O non è più sensato trovare mezzi, strategie, risorse e persone che invece trovino il modo di fare diventare la convivenza più utile e praticabile, oltre che giusta, per tutti? Italiani compresi?
E a questo punto, ritorna in gioco la tanto bistrattata politica, che poi sono le istituzioni, che poi sono nostre, e quindi il discorso si fa più complesso e difficile.
Ma a noi, le cose difficili, non ci hanno mai spaventato. Soprattutto quando ci sembra che siano quelle più importanti e vere …
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