Guerra di religione o della disperazione?
by Redazione
Posted on Aprile 17, 2015
Dare la possibilità ai profughi di fare domanda d’asilo in Africa. Identificare ed esaminare le credenziali di chi ne fa richiesta.
Di Beppe Casucci
La lite, raccontano i giornali, sarebbe scoppiata per motivi religiosi. Musulmani e cristiani sullo stesso barcone che trasportava 105 persone in fuga dalla guerra per bande in Libia e in cerca di salvezza sulle coste siciliane.
Per motivi ancora ignoti, nell’imbarcazione è scoppiata una rissa tra due fazioni, apparentemente per motivi religiosi.
Invece della solidarietà, che doveva venire naturale per chi condivide la stessa difficile situazione, sarebbero prevalsi l’odio e la rabbia, tanto che la fazione mussulmana avrebbe gettato in mare dodici, nigeriani e ghanesi, si suppone di religione cristiana. Sono morti annegati nelle acque profonde del Canale di Sicilia.
Secondo testimonianze di altri profughi, la fazione violenta sulla barca avrebbe voluto scaraventare tra le acque anche altri cristiani che si sarebbero però salvati formando una vera e propria catena umana.
All’arrivo a Palermo, i presunti assassini, sono stati denunciati dagli altri viaggiatori e arrestati e ora rischiano una condanna per omicidio plurimo aggravato dall’odio religioso. Ma chi restituirà la vita ai loro compagni di viaggio?
Usiamo il condizionale, perché la magistratura dovrà fare luce sui fatti e sulle dinamiche che hanno prodotto altre 12 vittime che vanno ad aggiungersi alle mille conteggiate nel 2015 e alle 3.500 annegate nel 2014, tentando di attraversare il Mediterraneo.
Una strage continua prodotta dalle guerre in Africa e dai trafficanti di persone, ma certo anche tollerata dalla normativa sull’asilo denominata Dublino III. Questo regolamento europeo impedisce a chi ne ha diritto di fare domanda d’asilo o protezione internazionale direttamente dalle coste africane, costringendo migliaia di disperati a mettersi nelle mani degli scafisti.
Tutto ciò, inoltre, ci obbliga a una nuova riflessione. Non pensiamo che la jihad sia arrivata sui barconi, come alcuni partiti e mass media sostengono, ma è un fatto che il virus del califfato e l’odio che essi propugnano (oltre che la violenza) hanno una grande capacità di propagarsi come un virus pericoloso, capace di offuscare le coscienze, oltre che incendiare gli animi.
In questa situazione, lo Stato italiano e l’Europa hanno il dovere di difendere i propri cittadini, italiani o non che siano; cristiani, mussulmani o di qualsiasi credo religioso.
Nessuno animato da cosi grave forma d’intolleranza può essere lasciato libero di entrare sul nostro territorio. Chi non condivide le nostre regole di convivenza democratica, chi pensa che la religione sia più importante delle leggi di uno Stato deve essere fermato in tempo.
Questo non significa affatto blocchi navali: aiuterebbe la gestione dei flussi e maggior sicurezza, se l’Europa permettesse a profughi e migranti di fare la domanda d’ingresso legalmente da centri istituiti sulle coste nordafricane (con l’accordo degli stati sovrani di quell’area), con funzionari che raccolgono ed esaminano le richieste d’ingresso legali e facendo una verifica sull’identità e la storia di chi chiede di emigrare.
Forse certo questo non basterà a fermare le tragedie, ma è a mio parere un serio contributo nella lotta al traffico di disperati.
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