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Per educare ad essere liberi

nessun luogo è lontano editoriale

Con questo editoriale inauguriamo una nuova rubrica e un sito rinnovato. Non siamo divorati dall’ansia del nuovismo ma accadono fatti, nella nostra storia di uomini e di comunità, che segnano una svolta, una rottura, indicando, inequivocabilmente, la necessità di un nuovo inizio. E non c’è dubbio che oggi tutti ci troviamo dentro questa situazione e dovremmo metterci alla ricerca di una nuova prospettiva, di un nuovo orizzonte cui tendere.

Abbiamo discusso molto sul titolo della rubrica, perché con un titolo si può indicare tanto: esitazione, supponenza, opportunismo, vuoto di idee e molto altro. So che noi, avendo scelto “Io la penso così” non avremo diritto di meravigliarci se qualcuno, leggendolo, ci darà dei presuntuosi. Toccherà a noi dimostrare che l’unica cosa che ci sta a cuore è dimostrare che nella nostra bottega si vende solo vino buono, vero, non adulterato; che l’unico nostro scopo è quello di dire ciò che pensiamo, offrendolo alla valutazione di chi ci legge; che mai perderemo di vista la distanza che separa ciò che pensiamo da ciò che è vero. Noi siamo parte e la parte non è il tutto ed essere parte non vuol dire prendere per sé la verità e lasciare agli altri tutto il torto, né vuol dire presumere di aver capito.

La nostra scuola ci ha insegnato che occorre separare i fatti dalle opinioni e le opinioni, se si hanno, bisogna esprimerle, non per servire non la verità – compito esorbitante per le nostre spalle – ma per favorire lo scambio libero, democratico e creativo delle opinioni, perché in questo risiede l’essenza prima di ciò in cui crediamo. Noi, come educatori e operatori sociali, sappiamo che il compito a cui ogni educatore è chiamato è quello di aiutare ciascun giovane a saper leggere ciò che gli accade intorno, senza pigrizie, né conformismi, né saccenteria e poi posizionare sé stesso, la sua vita, le sue scelte come crede che vada fatto. Non deve importarci che quei ragazzi somiglino a qualcuno di noi, fosse pure il migliore tra noi.

Ma per insegnare ai nostri ragazzi a dire ciò che si pensa occorre che si sia noi i primi a farlo, perché questa coerenza è parte fondamentale di ciò che siamo e tendiamo ad essere, di una idea che vuole fare – chiediamo scusa per l’enfasi – pedagogia della libertà. Educare ad essere liberi, anche da noi. Cosa che ogni genitore, ogni insegnante, ogni capo di comunità educativa dovrebbe seguire. È un lavoro di atroce e commovente bellezza che un destino generoso ci ha dato modo di poter fare e che ci porta a fare una prima affermazione in linea con IO LA PENSO COSI’: non esiste nessun dono più grande, nessuno, che superi quello che la vita possa fare ad un essere umano di dargli in sorte di aiutare un altro essere umano a diventare grande. E questo dono bisogna meritarselo. Ogni giorno.

Noi la pensiamo così!


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